Vuoi trasferirti dal papà? Il Giudice dice no all'ascolto
Superfluo l’ascolto del figlio minorenne, nonostante quest’ultimo abbia manifestato chiaramente l’intenzione di esprimere la propria opinione sul possibile trasferimento – da lui richiesto, peraltro – presso il padre, a distanza di centinaia di chilometri dalla madre.
A fare da sfondo al clamoroso pronunciamento del Tribunale di Sassari è la rottura dell’unione – non corredata da matrimonio, ma arricchita da due figli – tra un uomo e una donna. Per quanto concerne la prole, viene deciso il collocamento dei due minorenni (entrambi con più di 12 anni di età) presso la madre (in Sardegna), con annessa organizzazione delle loro frequentazioni col padre (che vive in Umbria).
A porre in discussione tale equilibrio arriva però la richiesta dei due ragazzini, i quali spingono, in sostanza, per trasferirsi dal padre e proseguire in Umbria, da settembre del 2024, il loro percorso scolastico.
A certificare tale desiderio è la domanda ad hoc presentata dal padre. Domanda a cui però si oppone duramente la madre, la quale sostiene, invece, la tesi opposta: a suo dire, difatti, i due figli hanno scelto di proseguire gli studi in Sardegna.
A dover sciogliere l’intricata matassa è chiamato il Tribunale di Sassari. I giudici osservano, in premessa, che «il tema del trasferimento dei minori è già stato oggetto di contenzioso, risolto su accordo dei genitori nel senso del proseguimento della permanenza dei figlio presso il domicilio della madre», cioè in Sardegna, e già questo dato è ritenuto «sintomo di alta conflittualità tra i genitori, conflittualità che non può non aver inciso nella sfera volitiva dei ragazzi, inesorabilmente coinvolti in tale tipo di tensione emotiva».
Per i giudici, poi, «il trasferimento in Umbria, in questa fase dell’età evolutiva dei ragazzi, sarebbe un passo incidente sulla loro crescita, considerato che si presume che essi abbiano maturato nel tempo, nel loro contesto in Sardegna, le loro amicizie e i loro punti di riferimento della quotidianità».
Di conseguenza, «procedere con il mero ascolto dei minori deve ritenersi un’attività istruttoria manifestamente superflua e anzi potenzialmente dannosa per la loro sfera emotiva», secondo i giudici, anche perché «i due minori potrebbero sentirsi indebitamente esposti a dover prendere le parti del padre o della madre, con conseguente conflitto di lealtà con l’uno o con l’altro».
Necessario, invece, secondo i giudici, «procedere con la nomina di un esperto consulente tecnico d’ufficio (psicologo o psicologa) che, nell’ambito di una valutazione complessiva del quadro familiare (che comporta anche l’osservazione del rapporto genitore-figli, l’indagine ambientale e la somministrazione di test specifici), procederà anche all’ascolto dei genitori e dei minori, ascolto dei minori che non sarà focalizzato solo sul tema dell’eventuale trasferimento in Umbria ma anche sui loro più ampi desideri, bisogni e vissuti rispetto alla separazione dei genitori». Poi, «all’esito di un percorso – anche di mediazione familiare per l’eventuale raggiungimento di un accordo – il consulente dovrà suggerire al Tribunale il miglior regime di affidamento e di collocamento dei minori nel loro esclusivo interesse».
Completamente ignorata, quindi, la richiesta espressamente avanzata dai due minori e mirata ad ottenere la possibilità di esprimere dinanzi ai giudici la loro posizione sul possibile trasferimento presso il padre. E proprio su questo punto si sofferma il legale del padre dei due ragazzini, osservando, innanzitutto, che tema centrale è «il diniego del diritto all’ascolto spettante ai due minori nel processo che li riguarda, come riconosciuto all’art.473-bis 4 c.p.c.» e aggiungendo, poi, che «non è una facoltà riconosciuta al Tribunale quella di procedere all’ascolto, ma è un diritto dei minori ultradodicenni coinvolti nel processo come parte sostanziale e a ciò corrisponde il dovere del giudice naturale di garantire l’esercizio di tale diritto».
Nella specifica vicenda, presa in esame dal Tribunale di Sassari, due fratelli, entrambi con più di 12 anni di età, «sono parti sostanziali del procedimento in cui il giudice è chiamato a decidere sulla loro iscrizione scolastica e sulle altre decisioni conseguenti, fatto che coinvolge personalmente e principalmente le loro vite», e «il Tribunale è il primo soggetto istituzionale chiamato a garantire ed attuare tale diritto, disponendo l’ascolto dei minori», annota ancora il legale, che poi sostiene che il Tribunale di Sassari abbia, invece, «illegittimamente negato loro il doveroso ascolto, tempestivo ed efficace, nel momento processualmente idoneo a consentire che entrambi iniziassero l’anno scolastico presso l’istituto da loro desiderato».
A certificare la specifica comune istanza dei due minorenni anche i comportamenti da loro tenuti durante l’anno scolastico 2023/2024. Nello specifico, a fronte del provvedimento giudiziario che, nel febbraio del 2024, aveva autorizzato la madre ad iscriverli a due differenti scuole in Sardegna, il figlio minore chiese di accedere allo “Sportello di ascolto psicologico” presente nella sua scuola per un consulto con la psicologa, che ebbe modo di rilevarne il disagio per l’impedimento posto dalla madre alla iscrizione scolastica in Umbria, e il figlio più grande manifestò ai compagni di scuola – anche alla presenza dell’insegnante di Matematica e Fisica – la decisione di voler perdere l’anno scolastico in segno di protesta e, agendo di conseguenza, iniziò a riportare voti al di sotto della sua media abituale in alcune materie, come ad esprimere frustrazione ed a protestare nei confronti della madre per gli ostacoli frapposti al trasferimento in Umbria.
A fronte di tali elementi, è evidente, secondo l’avvocato, l’importanza dell’ascolto dei due minorenni: «il soggetto posto al centro del processo della famiglia è proprio il minore, e la tutela del suo interesse superiore è il canone ermeneutico primario per tutte le norme del diritto di famiglia. Chi si ostina a fare decidere solo ad uno dei due genitori le questioni controverse, senza ascoltare l’opinione della parte che più necessita di attenzioni e tutele, fallisce uno degli scopi principali perseguiti dalla materia, confermati dalla recente riforma», sostiene il legale. Senza dimenticare, poi, che «molto prima della vigente normativa che dispone l’ascolto del minore – un dovere, non una facoltà –, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sin dal 2009, hanno affermato che “costituisce violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo il mancato ascolto del minore che ha superato i dodici anni”», aggiunge.
Ecco perché, in conclusione, il legale pone due importanti domande, rilevanti non solo per la vicenda esaminata da Sassari: «se non vengono nemmeno ascoltati i minori, come potranno essere tenute in considerazione le loro opinioni? Se non vengono ascoltati i minori, come potrà il giudice valutare la loro capacità di discernimento?».
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