PERCEPISCI IL REDDITO DI CITTADINANZA? NON IMPORTA, PER LA CASSAZIONE HAI DIRITTO ANCHE ALL'ASSEGNO DIVORZILE
Di scarsa importanza il reddito di cittadinanza percepito dall'ex moglie se la stessa presenta comunque una situazione economica poco solida e, allo stesso tempo, nessuna prospettiva lavorativa, avendo perciò diritto all'assegno divorzile, nonostante l'opposizione dell'ex marito.
Ufficializzata la rottura definitiva tra moglie e marito, in Appello i giudici pongono a carico dell'uomo l'obbligo di versare ogni mese all'ex consorte «la somma di 400 euro a titolo di mantenimento». Viene chiarito, innanzitutto, che, «provata la relazione stabile tra la donna e il nuovo compagno, relazione che ha determinato il venir meno della funzione assistenziale dell'assegno», è rimasta, seppur solo in parte, «la funzione compensativa dell'assegno». A tale proposito, «non è stato provato il depauperamento dell'ex marito in ragione del peggioramento delle sue condizioni fisiche, tenuto altresì conto che le maggiori spese da lui sostenute e correlate a tale condizione di salute, documentata dal 2018, debbono ritenersi coperte dalla percezione, a partire dalla stessa data, dell'indennità d'accompagnamento contestualmente a lui riconosciuta, e del maggior importo della pensione» da lui percepita.
In seconda battuta, poi, i giudici rilevano che «l'uomo è stato comunque inadempiente agli obblighi economici concordemente assunti in sede separativa» in favore dell'ex moglie, pur avendo egli lavorato regolarmente alle dipendenze di un importante ente nazionale, mentre «la donna si è dedicata, per tutta la durata del matrimonio – oltre cinquant'anni – alla cura della famiglia e dei figli, non percependo alcuna pensione, né essendo, oggi, nelle condizioni di provvedere al proprio sostentamento, data l'età avanzata (oltre 75 anni) e non disponendo di ulteriori cespiti, oltre alla quota del 50 percento della casa coniugale lasciata all'ex marito dietro corresponsione di una somma mensile pari a 350 euro, come da convenzione omologata in sede di separazione».
Chiara la visione tracciata dai giudici d'Appello. A loro avviso «è da presumere, alla luce dei fatti, che la donna abbia contribuito alla formazione del patrimonio familiare – costituito dalla casa familiare, di cui è comproprietaria, pur non fruendone –» con il conseguente «diritto all'assegno divorzile, nella funzione compensativa, dal passaggio in giudicato della sentenza sullo status divorzile». E in tale ottica viene anche richiamata «la proposta transattiva formulata dall'uomo in primo grado», catalogata dai giudici d'Appello come «un'implicita condivisione del riconoscimento del valore, anche economico, del contributo garantito dalla donna nel corso del matrimonio». Inutile l'ulteriore obiezione proposta in Cassazione dall'uomo e centrata sul reddito di cittadinanza percepito dall'ex moglie.
Su questo punto, difatti, i Giudici di terzo grado sono netti: «il riferimento al reddito di cittadinanza» percepito dalla donna «è del tutto irrilevante, anche alla luce della recente abrogazione della misura prevista dallo Stato». Questo dettaglio è ritenuto secondario, a fronte delle accertate posizioni economiche dei due ex coniugi. Indiscutibile, in sostanza, il diritto dell'ex moglie a percepire l'assegno divorzile, soprattutto considerando il suo impegno durante il matrimonio per prendersi cura della famiglia e l'attuale sua precaria condizione economica, non avendo, vista l'età, prospettive in ottica lavorativa.
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