L’ascolto del minore d’età dopo la Riforma Cartabia

Genesi normativa dell'ascolto del soggetto minore d'età

La visione pedocentrica cui si ispira il diritto contemporaneo delle relazioni familiari ha indotto il legislatore italiano – anche sotto l'impulso di fonti normative sovranazionali, ratificate dall'Italia, fra le quali la Convenzione ONU di New York del 1989 sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e la Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull'esercizio dei diritti dei minori – a introdurre strumenti volti a consentire al minore d'età l'esercizio del diritto di essere informato e di partecipare attivamente ai procedimenti i cui esiti sono destinati ad incidere sulla sua formazione e sulla sua vita di relazione.

Il primo formale ed espresso riconoscimento di una situazione giuridica soggettiva spettante al figlio minore d'età, qualificabile in termini di partecipazione attiva alle vicende, ai processi e alle decisioni che lo riguardano, si è avuto con la Legge 8 febbraio 2006, n. 54 in materia di affidamento condiviso dei figli, che – nell'intento di attuare il principio di parità genitoriale – ha introdotto l'art. 155-sexies c.c. (poi confluito, con qualche modifica, negli artt. 336-bis e 337-octies c.c., ora abrogati dalla riforma c.d. Cartabia), prevedendo, prima dell'emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti relativi alla prole, il dovere del giudice di disporre l'audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

Oggi, alla luce della previsione generale contenuta nell'art. 315-bis, comma 3, c.c., nessuno più dubita che si tratti di un vero e proprio diritto soggettivo.

Ambito di applicazione

L'istituto dell'ascolto del minore, la cui violazione comporta la nullità di ogni procedimento in cui il minore d'età sia portatore di interessi sui quali il relativo provvedimento è in grado di incidere (Cass. 18 settembre 2023, n. 26698; Cass. 23 giugno 2022, n. 20323; Cass. 2 settembre 2021, n. 23804), trova applicazione in tutte le controversie o procedimenti che incidono sulla sfera affettiva e identitaria del minore d'età capace di discernimento, come, ad esempio, quelli in tema di responsabilità genitoriale, affidamento, frequentazioni, sottrazione internazionale e richiesta di rimpatrio, decadenza, sospensione o limitazione della responsabilità genitoriale, adozione, azioni di stato.

In particolare, nel contesto della crisi genitoriale, l'ascolto va assicurato sia ai figli nati nel matrimonio sia a quelli nati fuori dal matrimonio, con la sola limitazione derivante dalla natura (non contenziosa) o dal carattere (stragiudiziale) del procedimento.

Nei procedimenti su domanda congiunta di separazione o di divorzio o relativi alla regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale nei confronti di figli nati fuori dal matrimonio (v. nuovo art. 473-bis.51 c.p.c.), è previsto, infatti, che «[n]ei procedimenti in cui si prende atto di un accordo dei genitori relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice procede all'ascolto soltanto se necessario» (art. 473-bis.4, comma 3, c.p.c.), mentre in tema di convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione, divorzio, modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio o loro modifica, l'art. 6, comma 3, della l. n. 162/2014 (di conversione del d.l. n. 132/2014) prevede semplicemente che nell'accordo raggiunto a seguito di convenzione assistita si dia atto che «gli avvocati hanno informato le parti dell'importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori», senza alcun riferimento all'ascolto, la cui omissione – in forza dell'art. 6, comma 2, ultimo alinea, della l. n. 162/2014 – può indurre soltanto il procuratore della Repubblica, in base a una valutazione di opportunità, a trasmettere l'accordo al presidente del tribunale per la fissazione di un'udienza di comparizione delle parti.

Le novità della Riforma Cartabia in tema di ascolto del minore d'età

Sul piano formale, una delle novità della c.d. Riforma Cartabia è consistita nel trasporre, riformulandole, le disposizioni del Codice civile in tema di ascolto del minore nel Codice di procedura civile (v. artt. 473-bis.4, 473-bis.5 e 473-bis.6 c.p.c.; artt. 152-quater e 152-quinquies disp. att. c.p.c., nonché, con riferimento ai procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere, art. 473-bis.45 c.p.c.).

Anzitutto, l'ascolto del minore d'età può oggi essere esercitato soltanto dinanzi al giudice togato, che può, al limite, farsi assistere da esperti o altri ausiliari (psicologi dell'età evolutiva o psicoterapeuti), senza la possibilità – come era in passato avvenuto – di una delega a terzi, escluso il curatore speciale, che, una volta nominato, può procedere direttamente all'ascolto.

La Riforma Cartabia ha dettato una disciplina delle modalità dell'ascolto più garantista, indicando come regola generale quella della registrazione audiovisiva.

Quanto ai limiti di esercizio del diritto del minore d'età di partecipare attivamente al processo attraverso lo strumento dell'ascolto, la Riforma Cartabia ha contemplato nuove ed ulteriori ipotesi in cui il giudice è esonerato, sia pure nel rispetto di un dovere di stringente motivazione, dal procedere all'ascolto del minore d'età: al contrasto con l'interesse del minore e alla manifesta superfluità dell'ascolto si aggiungono, infatti, la impossibilità fisica o psichica del minore e la manifestazione da parte di quest'ultimo della volontà di non essere ascoltato.

Si rimette, così, l'esercizio di un diritto fondamentale al mero arbitrio di un soggetto (il minore d'età), cui è per definizione preclusa la possibilità di disporre di un diritto della personalità, qual è il diritto a manifestare in sede di ascolto le proprie opinioni nel corso di un processo durante il quale o all'esito del quale si assumono decisioni destinate ad incidere sulla sua sfera esistenziale.

Si potrà, dunque, in futuro porre un problema di compatibilità con il quadro normativo europeo e sovranazionale, posto che l'art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull'esercizio dei diritti dei minori prevede, come unico limite all'esercizio dell'ascolto del minore capace di discernimento, la manifesta contrarietà ai propri interessi superiori.


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