FEMMINICIDIO: LA LEGGE SULLA TUTELA DEGLI ORFANI DEI REATI DOMESTICI
Correndo il rischio di andare controcorrente rispetto ad un plauso generalizzato, tentiamo una analisi critica della legge che tutela i figli rimasti orfani in seguito a reati commessi da uno dei genitori ai danni dell’altro.
Uno schema di sintesi parte necessariamente dall’accesso al gratuito patrocinio (art. 1), a prescindere dai requisiti di reddito. Segue (art. 2) il novellato art. 577 cp, che si conforma alle pene previste per il parricidio, con l’effetto di alzare il massimo edittale all’ergastolo per un delitto commesso «contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l’altra parte dell’unione civile o contro la persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente».
Quindi il sequestro conservativo dei beni del reo (art.3) che il pm ha l’obbligo di chiedere “a garanzia del risarcimento dei danni civili subiti dai figli delle vittime”.
Inoltre (art.4) qualora gli orfani si costituiscano parte civile, il giudice deve provvedere “anche d’ufficio, all’assegnazione di una provvisionale in loro favore, in misura non inferiore al 50% del presumibile danno, da liquidare in separato giudizio civile“.
L’ indegnità a succedere (art.5) sospende l’indagato e cancella il reo dall’asse ereditario. Sembra inoltre esserci un errore, ancorché veniale, ove la sospensione vale “fino al decreto di archiviazione o alla sentenza definitiva di proscioglimento. In tal caso si fa luogo alla nomina di un curatore ai sensi dell’articolo 528.” Ovviamente di tratta dell’art. 528 del codice civile, ma l’articolo dimentica di specificarlo.
La tutela economica passa anche attraverso la reversibilità della pensione (art.7), sospesa per l’indagato fino a sentenza definitiva ed erogata ai figli della vittima.
Col diritto di accesso ai servizi di assistenza agli orfani per crimini domestici (art.8), viene normata la possibilità di offrire servizi gratuiti, pubblici e privati “di informazione e orientamento in materia di diritti e di servizi organizzati in favore delle vittime di reati, nonché di assistenza, consulenza e sostegno in favore della vittima in funzione delle sue specifiche necessità e dell’entità del danno subìto”.
Le disposizioni in materia di assistenza medico-psicologica (art.9) prevedono che venga “assicurata un’assistenza gratuita di tipo medico-psicologico, a cura del Servizio Sanitario Nazionale, per tutto il tempo occorrente al pieno recupero del loro equilibrio psicologico, con esenzione dei beneficiari dalla partecipazione alla relativa spesa sanitaria e farmaceutica”.
Infine la possibilità per i figli della vittima di cambiare cognome ed altre misure accessorie di carattere economico.
Ora le note critiche.
Tutto molto bello, ma perché ci si occupa solo di un fenomeno di nicchia?
Come mai l’attenzione politica e gli stanziamenti economici sono rivolti esclusivamente ai minori orfani di femminicidio?
Altri orfani non meritano uguale considerazione, ma soprattutto non meritano uguali tutele?
Il decreto filiazione (decreto legislativo n° 154 del 28 dicembre 2012) ) uniformava i figli eliminando ogni discriminazione tra figli naturali, illegittimi, adottivi, ma non ha sanato la discriminazione tra figli di una donna e di un uomo, quando i genitori vengono a mancare per cause traumatiche.
Il timore è che si tratti di misure orientate più dalla pancia che dalla testa, figlie della necessità di varare provvedimenti che si accodino al movimento di opinione che ha fortemente voluto la creazione della fattispecie di reato autonoma del femminicidio.
È una norma politicamente corretta, è gender oriented quindi è una medaglia sul petto per chi la vota, e soprattutto fa notizia.
Il recente omicidio stradale non gode di analoga considerazione, nonostante la strage sulla rete viaria lasci orfani a grappoli.
L’operaicidio non gode di analoga considerazione, nonostante i dati ufficiali certifichino che i morti sul lavoro, nelle miniere, nei campi, nelle fabbriche e nei cantieri, siano ogni anno dieci volte superiori alle donne uccise dal partner o ex partner.
Eppure le morti bianche si susseguono incessantemente e i poveretti muoiono proprio inquantooperai, vittime della carenza di misure di sicurezza e di verifiche inesistenti, per garantire meno pastoie burocratiche e maggiori profitti al datore di lavoro.
I figli dell’autista morto nel pullman con la revisione scaduta, l’operaio avvelenato mentre puliva una cisterna, quello schiacciato dalla pressa, quello precipitato dall’impalcatura, quello sepolto dalla frana e quello bruciato alla Tyssen , non hanno bisogno di sostegno?
Bambine e bambini rimasti orfani del padre morto in fabbrica o sul cantiere, non avrebbero diritto al sequestro cautelativo dei beni dell’azienda ex art. 3, alla provvisionale ex art. 4, al servizio di assistenza ex art. 8, all’assistenza medica e psicologica gratuita ex art. 9, etc…. ?
Temiamo che troppi distratti parlamentari lasceranno queste domande senza risposta.
Fabio Nestola – Coordinatore Comitato Scientifico ANFI
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