Coniugi “separati in casa”: negata l’omologa dell’accordo di separazione

separazione | 5 settembre 2017

Il Tribunale di Como nega l’omologa dell’accordo di separazione di due coniugi che, per convenienza economica, continuano a coabitare nella casa familiare.

Così nell’ordinanza del 6 giugno 2017.

Il caso. Marito e moglie hanno presentato al Tribunale di Como istanza di omologa del verbale di separazione consensuale da loro redatto prevedendo, tra le condizioni relative alla gestione della casa familiare, la prosecuzione della convivenza a tempo indeterminato ovvero fino al raggiungimento di condizioni economiche tali da consentire ad uno dei due coniugi il reperimento di una diversa soluzione abitativa.

Niente tutela per le soluzioni “ibride”. Il Tribunale di Como ritiene che, ferma restando la facoltà delle parti «di comportarsi e autodeterminarsi come meglio credono», la loro volontà non può portare a «piegare gli istituti giuridici sino a dare riconoscimento e tutela a situazioni le quali non solo non sono previste dall’ordinamento ma si pongono altresì in contrasto con i principi che ispirano la normativa in materia familiare». Secondo la Corte, infatti, non possono essere riconosciute soluzioni “ibride” che implichino da una parte il venir meno di gran parte dei doveri matrimoniali gravanti sui coniugi e dall’altra la persistenza della coabitazione, considerata anch’essa un dovere coniugale ex art. 143 c.c. derogabile solo in funzione del superiore interesse della famiglia.

Considerato che l’istituto della separazione trova giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza, nel caso in esame tale presupposto non risulta oggettivamente apprezzabile in quanto i coniugi stessi intendono prorogare la coabitazione a tempo indeterminato per ragioni di convenienza. Non può, quindi, trovare accoglimento la pretesa di attribuire, con il provvedimento di omologa, riconoscimento giuridico con i conseguenti effetti tipici della separazione coniugale ad un accordo privatistico che regolamenta la condizione di “separati in casa”: tale circostanza, infatti, non solo non corrisponde ad alcun tipo di strumento e/o istituto nell’attuale ordinamento ma si presterebbe, «fin troppo facilmente», ad operazioni elusive e accordi simulatori per finalità anche illecite.

Per questi motivi, il Tribunale rigetta la domanda.


lascia un commento

Si prega di notare che i commenti devono essere approvati prima di essere pubblicati