Coniugi indipendenti economicamente a matrimonio in corso: niente assegno post divorzio

Se moglie e marito sono stati indipendenti, da un punto di vista economico, anche a matrimonio in corso, allora non è ipotizzabile il riconoscimento dell’assegno divorzile a corredo della chiusura definitiva del legame coniugale (Cass. civ., sez. VI – 1, ord., 4 agosto 2021, n. 22241).

Ufficializzato l’addio definitivo tra i coniugi, i Giudici del Tribunale riconoscono alla donna l’assegno divorzile, quantificato in 200 euro mensili. In Appello, però, la situazione muta totalmente e l’uomo vede accolta la propria richiesta: ciò significa che l’ex moglie deve rinunciare a ogni pretesa economica.

Fondamentale per i Giudici di secondo grado è la valutazione dei rapporti di forza, sia a livello patrimoniale che a livello reddituale, tra i due ex coniugi.

Inevitabili le lamentele della donna, che con il ricorso in Cassazione sostiene di «essere il coniuge più debole». In questa ottica ella contesta la «sostanziale parità reddituale tra lei e l’ex marito» sancita in Appello e «ricondotta alle proprietà immobiliari», e aggiunge che erroneamente è stata omessa «la valutazione delle ben più cospicue proprietà dell’ex marito, oltre che dei suoi redditi» mentre «non si è tenuto conto del fatto che lei è andata in pensione», con conseguente «contrazione del reddito», ed «è indebitata».

In ultima battuta, infine, la donna lamenta anche che «non si è tenuto conto della durata del matrimonio (ben ventisette anni) e dei sacrifici da lei fatti e delle scelte da lei compiute durante il matrimonio per la famiglia, sacrifici e scelte che avevano reso possibile», a suo dire, «la progressione professionale e l’incremento dei guadagni dell’ex marito».

Le obiezioni proposte dalla donna non convincono però i Giudici della Cassazione. Ciò significa che è confermata la cancellazione dell’assegno divorzile riconosciuto alla donna in Tribunale.

Condiviso in pieno il ragionamento compiuto in Appello, laddove, osservano i Giudici, si è valorizzata la circostanza che «entrambi i coniugi sono titolari di propri redditi da lavoro – mentre non appare decisivo l’intervenuto trattamento di quiescenza della donna – ed economicamente indipendenti già nel corso del matrimonio» e che «entrambi sono titolari di proprietà immobiliari, che vengono comparate anche considerando la possibilità di metterle a frutto». A completare il quadro, infine, il fatto che «la donna continua a fruire della casa familiare, in comproprietà tra gli ex coniugi».

I Giudici aggiungono poi che «la donna non ha dimostrato di avere rinunciato alla propria carriera per sopperire alle esigenze del nucleo familiare», mentre «i maggiori e più recenti redditi percepiti dall’ex marito» risultano essere «frutto di scelte lavorative intervenute dopo la conclusione del rapporto con la ex moglie».

AVV. CARLO IOPPOLI – PRESIDENTE ANFI, ASS.NE AVVOCATI FAMILIARISTI ITALIANI

PER CONTATTI: avvocatoioppoli@gmail.com


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