Aggressioni con l’acido: deturpare la bellezza, corrodere l’identità.
Un tempo era il cinema di stampo fantastico, incubi e potenti immagini di celluloide. La vendetta di un subdolo e beffardo Joker (Jack Nicholson), ai danni di una bella e segreta amante, la volontà di deturparne la beltà, forse per assoggettarla in modo ancora più profondo (“Batman” di Tim Burton, 1989). Un tempo era l’India, il Bangladesh e il Pakistan, terre e culture lontane dall’occidente, donne (e bambine, è il caso di specificare) orrendamente sfigurate, colpevoli di aver rifiutato proposte matrimoniali e corteggiamenti di uomini-padroni o mariti rancorosi, supportate da associazioni che tentano di ridonare loro la dignità e il sorriso (come “Smileagain”). Il cinema, l’India: mondi “lontani”, non tangibili nella nostra realtà, quotidianità, cultura. Sfortunatamente però in anni recenti il fenomeno diviene in preoccupante crescita in Europa, entrando nei nostri lidi, nell’occidente, e nella nostra Italia: delitto passionale, violenza e fenomeno trasversale, poiché le sue vittime sono sia uomini che donne. Anzi, l’impennata di questo turpe atto si registra nel bel paese, nel 2012, proprio ai danni di un uomo, William Pezzullo, giovane apripista di quello che è stato un crescendo di vendette perpetrate col mezzo dell’acido: il 26enne subisce il rancore dell’ex moglie incinta, che supportata da un complice, lo deturpa con l’acido solforico in modo irrimediabile. Poi nel 2013 è la volta dell’avvocatessa Lucia Annibali, stesso tragico destino, per mano di precisa commissione dell’ex fidanzato. Il suo caso è celebre, e la sua battaglia per i diritti delle donne si è estesa e protratta ai giorni attuali.
(Il personaggio di Alicia Hunt, interpretata da Jerry Hall, in Batman di Tim Burton,1989. Nella pellicola viene sfigurata con l’acido solforico dall’amante Joker)
In italia l’ondata di aggressioni con l’acido prosegue in un preoccupante crescendo, nel 2017 è la volta della giovane Gessica Notaro, che subisce la vendetta dell’ex fidanzato, proprio sotto casa sua. Arrivando ai giorni nostri, di assoluto rilievo per sottolineare la trasversalità del fenomeno sono le aggressioni subite da due uomini, per mano di rancorose ex: Giuseppe Morgante e Daniele Polacci. Dagli atti persecutori, al gesto e volontà vendicativa di deturpare il volto dei due giovani ragazzi. Terrore, dolore fisico e psicologico, innumerevoli e complessi interventi chirurgici, funzionalità della vista spesso compromesse, l’impossibilità di un recupero effettivo, sotto il piano estetico e sovente funzionale, delle fattezze originali: questa la spirale di orrore in cui ricadono le vittime dell’acido, uno sfregio che segna in modo perenne il volto, l’anima, la vita sociale. Tutto ciò impone una riflessione profonda sulla valenza e portata di questo atto distruttivo. Lévinas, noto filosofo francese, parlava dell’etica del volto umano, poiché esso è la sede del riconoscimento reciproco, la nostra porta di comunicazione con l’altro, noi siamo discorso nel mondo e identità a partire dal volto. I nostri tratti somatici sono unici, irripetibili, quanto è dunque grave la portata del volerli cancellare, corrodere, deturpare, privare un soggetto del “volto che parla”, con il suo corredo identitario? E dunque, da qua l’esigenza ravvisata dal legislatore di includere nella legge n.69 del 19 luglio 2019 (il cosiddetto Codice Rosso) una nuova fattispecie di reato che risponda ed identifichi e possa sanzionare questa grave condotta lesiva, il nuovo articolo 583 quinquies del codice penale, “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, che determina quanto segue: chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso è punito con la reclusione da otto a quattordici anni. Il diritto, la legge, incontra dunque i bisogni di una società che cambia, e così le necessità di sanzionare specifiche condotte criminali e delittuose. Ma vi è anche il rovescio della medaglia, il lato negativo, la zona d’ombra nell’introduzione di un nuovo reato come questo, poiché ciò significa che l’aggressione con l’acido, un tempo “tradizione” a noi sconosciuta, è entrata nella consuetudine e nel costume dell’occidente, e anche, tristemente dell’Italia. E quando una condotta brutale di tale genere diviene anche precisa fattispecie di reato reiterata in più anni, là dove prima era quasi del tutto assente, non vi è nulla di cui essere contenti, ma forse rappresenta l’indice di un malessere, un abbrutimento sociale e culturale che induce alla riflessione, non solo sul delitto passionale, ma sulla società tutta. Perché dietro la mano che pone in essere una aggressione con l’acido, vi è la precisa volontà di determinare la distruzione di un essere umano, la sua identità, la sua esteriorità, il suo volto che è anche sede dell’anima.
Dott.ssa Alice Mignani Vinci – Assistente Sociale e Criminologa
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