Figlio maggiorenne rifiuta il lavoro per aiutare la sorella malata: l’assegno di mantenimento può essere ridotto?

Secondo la Cassazione la motivazione con cui la Corte d’appello ha rigettato la richiesta del padre di revocare l’assegno di mantenimento è contraddittoria e non può essere confermata.

    Il Tribunale di Bergamo accoglieva la richiesta di un uomo volta alla revisione delle condizioni di divorzio e alla revoca dell'assegno di mille euro destinato al mantenimento del figlio. La richiesta era fondata sul fatto che il ragazzo, divenuto ormai maggiorenne, era colpevolmente inerte nel non procurarsi un'indipendenza economica posto che non aveva completato alcun corso di studi, non cercava occupazione e per di più aveva anche rifiutato le occasioni di lavoro proposte dal padre.

    La madre ha proposto reclamo sottolineando che figlio aveva dovuto allontanarsi dal lavoro e rifiutare altre offerte lavorative perché la sorella era affetta da una grave malattia (che in seguito ne causerà il decesso); e il ragazzo aveva deciso di donarle il midollo osseo.

    La Corte d'appello ha parzialmente accolto il reclamo alla luce della drammatica situazione che il ragazzo aveva vissuto a causa della malattia della sorella.

    La pronuncia è stata impugnata dal padre in Cassazione che ne sottolinea la contraddittorietà. La Corte territoriale, infatti, ha dapprima ritenuto ingiustificato il rifiuto di due offerte di lavoro e successivamente ha dato rilievo al fatto che il giovane si sia iscritto ad un'agenzia di ricerca di lavoro, che ha un'età non troppo distante dalla maggiore età e che comunque la malattia della sorella ha influito sulla sua scelta di non accettare proposte lavorative.

    Il ricorso risulta fondato. Secondo la giurisprudenza infatti, «una volta ritenuta provata la negligenza negli studi e nel reperimento di un lavoro, dovrebbe trarsi la conclusione che il mancato conseguimento di autonomia economica non può giustificarsi e comporta la perdita del diritto al mantenimento da parte dei genitori».

    La Corte d'appello ha inoltre giustificato l'inerzia del ragazzo anche in virtù della drammatica situazione familiare a causa della malattia e morte della sorella ma si tratta di un giudizio di fatto che «pur se non privo di plausibilità, non è però temporalmente circoscritto, nonostante sia legato ad una vicenda già vissuta e non è adeguatamente spiegata quale sia la sua conseguenza in punto di diritto, vale a dire se la disposta riduzione dell'assegno di mantenimento sia destinata ad assicurare al giovane - e alla madre con la quale il figlio convive - un supporto per superare uno stato di difficoltà legato a circostanze contingenti, al tempo stesso implicitamente richiamandolo al dovere di attivarsi nel momento in cui queste difficoltà contingenti sono venute meno, oppure costituisca una giustificazione sine die del comportamento inerte».

    In conclusione, il ricorso trova accoglimento e la Cassazione annulla il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d'appello per un nuovo esame.

    Cass. civ., sez. I, ord., 10 aprile 2024, n. 9609

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